Il piano del consumatore ex art. 12 bis, ter e 14 bis della legge 3/2012
Disciplinato nei suoi aspetti essenziali dagli art. 12 bis, ter e 14 bis della legge 3/2012, il piano del consumatore rappresenta una valida alternativa all’ accordo di composizione della crisi.
Esso costituisce una via d’uscita per tutte quelle situazioni di grave dissesto finanziario nel quale possono incorrere i consumatori persone fisiche, ovverosia coloro che “hanno contratto debiti esclusivamente per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale svolta”.
Tale definizione restringe notevolmente la cerchia di soggetti ammessi alla procedura, essendo legittimati dunque ad accedervi unicamente i consumatori sopra definiti. Dal punto di vista contenutistico il piano ricalca la disciplina dell’accordo di composizione della crisi di cui agli artt. 7 e 8 della medesima legge.
Anche esso, infatti, prevede una ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti tramite un programma puntuale da sottoporre agli stessi, che stabilisca modalità e scadenze nei pagamenti ed è soggetto ai medesimi presupposti soggettivi (stato di sovraindebitamento) ed oggettivi di cui all’ art. 7 co. 2 (tra i quali: il debitore non dev’essere sottoposto a procedure concorsuali diverse e non deve aver fatto ricorso nei precedenti 5 anni ai procedimenti disciplinati dalla l. 3/2012).
Dal punto di vista procedurale tuttavia vi sono delle peculiarità che tipicizzano la fattispecie in esame. Con il deposito della domanda presso il tribunale del luogo di residenza, il debitore/consumatore dovrà depositare, oltre alla documentazione prevista dai commi 2 e 3 dell’art. 9, anche una relazione particolareggiata redatta dall’ organismo di composizione della crisi contenente: a) l’indicazione delle cause di indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni; b) l’ incapacità del debitore nell’ adempiere alle obbligazioni assunte; c) un resoconto sulla solvibilità del debitore negli ultimi 5 anni; d) l’indicazione dell’ eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori; e) il giudizio sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta, nonché sulla probabile convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria.
Fondamentale differenza rispetto all’accordo di ristrutturazione è rappresentata dal procedimento che porta all’omologazione del piano, dal momento che qui non è necessaria l’approvazione da parte della maggioranza dei creditori.
Venendo dunque a mancare totalmente la fase dell’esercizio del voto da parte del ceto creditorio spetterà al giudice la decisione se procedere oppure no all’omologazione, e per farlo dovrà tenere presente l’idoneità del piano ad assicurare il soddisfacimento dei crediti ed in particolar modo la relazione redatta dall’ organismo della composizione della crisi.
Il giudice in primis, verificati i requisiti di ammissibilità di cui agli art. 7,8 e 9 e l’assenza di atti in frode ai creditori, fissa con decreto un’udienza che non potrà avvenire oltre 60 giorni dal deposito della domanda e può anche disporre, nelle more della convocazione dei creditori, la sospensione di eventuali e specifici procedimenti di esecuzione forzata in essere qualora essi possano pregiudicare irrimediabilmente la fattibilità del piano (art. 12 bis).
La sospensione non opera quindi in maniera automatica né tantomeno potrà coinvolgere procedimenti cautelari oppure procedimenti esecutivi in procinto di iniziare. Sarà infatti il debitore a dover presentare apposita istanza di sospensione sulla quale il giudice si pronuncerà in maniera favorevole unicamente se, valutati i fatti, avrà giudicato le specifiche azioni esecutive d’ostacolo al buon esito del piano.
Il giudice infine, una volta verificata la fattibilità del piano e la sua idoneità al pagamento dei crediti impignorabili e dei crediti di cui all’ art. 7 co.1, nonché risolta ogni contestazione sorta, procede all’omologazione del piano non prima però di essersi accertato che il debitore consumatore non abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che non abbia determinato colposamente la situazione di sovraindebitamento anche tramite un ricorso sproporzionato al credito rispetto alle proprie capacità patrimoniali.
È evidente dunque come nel piano del consumatore sia di fondamentale importanza l’aspetto della “meritevolezza” del debitore/consumatore. Sarà infatti impossibile da parte del giudice procedere all’omologazione e all’attuazione del piano se dalla relazione di cui all’ art. 9 co. 3 bis emerga l’inidoneità del debitore ad usufruire della procedura anche a causa di un ricorso compulsivo e sproporzionato agli strumenti di credito al consumo.
Una volta intervenuta l’omologazione del piano tramite decreto esso avrà effetto e sarà obbligatorio nei confronti dei creditori anteriori, ai quali sarà preclusa la possibilità di iniziare o proseguire qualsiasi azione esecutiva individuale, nonché azioni cautelari, ne sarà possibile acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore soggetto alla procedura in esame (art. 12 ter), venendosi a creare un importante beneficio per il consumatore.
L’ effetto di protezione del patrimonio si verifica anche per mezzo di un’ulteriore previsione contenuta nell’ art. 12 ter co. 2. I creditori aventi causa o titolo posteriore, difatti, non potranno procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano.
F.A.Q
È prevista una durata massima per l’esecuzione del piano del consumatore?
La legge n.3 del 2012 nulla prevede in merito ad una durata massima del piano del consumatore (o dell’accordo di ristrutturazione). A riguardo taluni orientamenti giurisprudenziali hanno ritenuto di dover stabilire un limite di 6-7 anni, ai fini di garantire una ragionevole durata del processo. Altra recente giurisprudenza, in un’ottica di convenienza del piano rispetto all’ alternativa liquidatoria, ha tuttavia ammesso una durata notevolmente superiore ai 7 anni (in alcuni casi persino arrivando a rateizzazioni ventennali), tutelando maggiormente gli interessi del debitore/consumatore. (Trib.Di Como, sez I, 24 Maggio 2018 http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/20301.pdf)
Aggiornato al 09.08.2020 – contributo realizzato con la collaborazione della dott.ssa Eleonora Di Ninni.
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