Il Contratto di Affidamento di reparto

Il Contratto di Affidamento di reparto ha ad oggetto un rapporto giuridico privato tra l’affidante o concedente, ovvero il titolare di un esercizio commerciale, e l’affidatario o gestore, l’imprenditore che prende in gestione il reparto. In forza del contratto, il primo mette a disposizione del secondo una porzione della superficie immobiliare per la commercializzazione e la vendita di determinati prodotti. 

Priva di ogni riferimento e regolamentazione privatistica, tale fattispecie rientra nella categoria di contratti atipici di cui all’articolo 1322 C.C.

Lo sviluppo del concetto di “affidamento di reparto” deriva dalla necessaria evoluzione dei moderni sistemi di vendita delle c.d. “grandi superfici” (come ad esempio gli ipermercati o i centri commerciali) i quali si fondano su proposte commerciali ampie e generaliste, che, dopo aver soppiantato i sistemi di vendita a dettaglio, erano entrati a loro volta in crisi. Il “reparto” infatti si contrappone a detta generalità concentrandosi su una proposta commerciale specialistica. Ad esempio, come approfondiremo meglio in seguito, il caso di una parafarmacia aperta all’interno di una farmacia o di un ipermercato.

Tale soluzione infatti, permette al concedente di ridurre quanto più possibile la superficie di vendita per tagliare i relativi costi nonché presentare alla clientela un’offerta di prodotti più ampia e articolata senza oneri di gestione e, contemporaneamente, trarre guadagno dalle aree liberate concedendole in uso a terzi. Dall’altro lato, anche il terzo affidatario viene posto in una condizione vantaggiosa in quanto può risparmiare sui costi di avviamento e promozione del punto vendita potendo godere della grande affluenza di clienti dell’ipermercato, nonché della relativa visibilità.

Nella prassi commerciale si configurano due modalità di affidamento: l’una vede il gestore vendere i propri prodotti o servizi ai consumatori pagando un corrispettivo per la disponibilità del reparto, e ciò concretizza un rapporto simile all’affitto d’azienda, nell’altra invece il gestore commercializza i prodotti o servizi del concedente in nome e per conto di quest’ultimo, somigliando così ad un appalto di servizi. Come già anticipato in precedenza, l’ordinamento giuridico non si è preoccupato di dotare di apposita disciplina tale tipo di contratto, il quale, è stato elaborato nella prassi direttamente dagli operatori. 

Tanto comporta l’opportunità che i testi contrattuali siano sottoposti a verifica e revisione da parte di professionisti.

Anche dal punto di vista giurisprudenziale le pronunce riguardanti il contratto di affidamento di reparto sono limitate e si soffermano unicamente sulla distinzione di tale tipo di contratto dall’affitto d’azienda ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente ex art. 21 C.P.C. ed il rito applicabile ex art. 447 bis C.P.C.; questione, peraltro, di natura processuale e non di merito. (In tal senso vedi Cassazione civile, sez. VI, 13/11/2015, n.23309; Cassazione civile, sez. III, 25/03/2010, n.7171).

Un accenno normativo, seppur senza menzionare la denominazione corrente, è contenuto all’articolo 41, commi 14  e 15 del D.M. n.375/1988 del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato “Norme di esecuzione della legge 11 giungo 1971 n.426”: “Il titolare di un esercizio commerciale organizzato su più reparti in relazione alla gamma dei prodotti trattati o alle tecniche di prestazione del servizio impiegate può affidare uno o più di tali reparti, perché lo gestisca in proprio per il periodo di tempo convenuto, ad un soggetto che sia iscritto nel registro, dandone immediata comunicazione alla camera di commercio, al comune e all’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto. Qualora non abbia provveduto a tale comunicazione risponde dell’attività esercitata dal soggetto stesso. Questi deve fare denuncia dell’esercizio dell’attività alla camera di commercio (…), nonché fare all’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto la dichiarazione di cui all’art. 35, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633. 15. La fattispecie di cui al comma 14 del presente articolo non costituisce un caso di subingresso”.

La fattispecie così descritta presenta natura e finalità di tipo esclusivamente amministrativo. La norma si occupa, infatti, di definire gli adempimenti amministrativi necessari alla procedura di affidamento. Enumera, inoltre, quali elementi costitutivi, la presenza di un esercizio commerciale organizzato in più reparti (distinti in base alle categorie merceologiche o alle modalità di servizio); l’affidamento di uno di tali reparti da parte del titolare dell’esercizio commerciale – l’ “affidante”- ad un terzo – l’ “affidatario”; la gestione in proprio del reparto da parte dell’affidatario per il tempo stabilito, e, in ultimo, la possibilità per l’affidante di liberarsi dalla responsabilità per l’attività commerciale esercitata nel reparto affidato, comunicando l’affidamento alle autorità competenti.

Nulla è previsto invece in merito all’oggetto, la causa, i diritti e gli obblighi nascenti dal contratto, quanto di inerente, quindi, l’aspetto civilistico del rapporto contrattuale tra affidante ed affidatario. Gli unici punti rilevanti di tale definizione parrebbero essere la “gestione in proprio” e il “tempo convenuto” senza tuttavia specificarne il contenuto. Nella prassi, il contratto si esaurisce nell’arco di uno o due anni, a seconda delle esigenze e delle previsioni di mercato.

Il D.lgs. n.114/1998 denominato “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio” nell’ abrogare e sostituire la normativa precedente, non nomina in alcun modo l’istituto. La circolare n.3467 del 28 maggio 1999 del Ministero dello Sviluppo Economico chiarisce come il D.lgs. n.144/1998 nonostante non menzioni espressamente la fattispecie dell’affidamento in gestione di uno o più reparti di un esercizio commerciale organizzato, non intenda in tal modo vietarla ma rimetterla, piuttosto, all’autonomia negoziale delle parti. Di conseguenza, il titolare dell’esercizio può affidare uno o più reparti ad un soggetto in possesso dei requisiti prescritti dalla legge, affinchè li gestisca in proprio previa comunicazione al Comune competente per territorio.

Con la L. Cost. n.3 del 18 ottobre 2001, la materia del commercio, quindi del contratto stesso, è stata ricondotta alla competenza legislativa residuale delle Regioni di cui al 4° comma del riformato art. 117 Cost. Generalmente, le normative regionali hanno riprodotto – pressoché testualmente – il riferimento all’affidamento di reparto che era già contenuto nell’art. 41 del D.M. n.375/1988.

Il Principio di autonomia contrattuale è stato ribadito anche dal  Ministero delle Attività Produttive con il Parere n.549384 del 12 novembre 2002: «(…) i rapporti tra titolare dell’esercizio ed affidatario possono essere regolati dalle parti in base alla normativa dettata dal codice civile attraverso i principi dell’autonomia contrattuale delle parti»., nonché dal successivo parere ministeriale n.549384 del 11 marzo 2003 ad opera del Ministero dello Sviluppo Economico, il quale, in risposta ad un quesito sollevato da un Comune campano riguardante la titolarità fiscale del reparto, dichiara che “in materia i rapporti tra titolare dell’esercizio ed affidatario possono essere regolati dalle parti in base alla normativa dettata dal codice civile attraverso i principi dell’autonomia contrattuale delle parti.” Specifica inoltre come l’istituto non possa coinvolgere la totalità dei reparti, poiché ciò significherebbe svuotare di contenuto l’autorizzazione rilasciata.

Sulla base di tali considerazioni, la Risoluzione n.103791 del 3 maggio 2012 del Ministero dello Sviluppo Economico, per quanto riguarda la forma contrattuale, sottolineando come l’affidamento in gestione di reparto “sfugga” alla previsione di cui all’art. 2556 del c.c. che prevede l’iscrizione nel registro delle imprese dei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda ed impone ad essi la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. Ovviamente l’obbligo di rispetto del requisito formale permarrà nel caso in cui si tratti di cessione di ramo d’azienda, ovvero quando intercorra il trasferimento di un reparto commerciale ad un altro soggetto che lo gestisca autonomamente anche dal punto di vista fiscale. Nonostante la libertà in tal senso, orientamenti dottrinali ritengono ad ogni modo “opportuna” la stipula per iscritto sia per facilitare la regolamentazione del rapporto, sia per effettuare le comunicazioni prescritte dalle normative regionali, nonchè per la prova del contenuto del contratto (v. Memento Contratti d’impresa, 2020).

Al fine di dettagliare ulteriormente la scarsa disciplina è intervenuta la Risoluzione n.122063 del 3 maggio 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico, che, per quanto concerne l’iscrizione nel registro delle imprese, evidenzia come l’affidatario sia tenuto alla suddetta iscrizione, oltre a risultare in possesso dei requisiti morali e professionali previsti dall’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n.59. La gestione del reparto è una gestione in proprio, regolata da un accordo contrattuale tra le parti; non sussiste quindi tra gestore ed affidatario alcun rapporto di dipendenza.

Il documento inoltre, si occupa di delineare le differenze con il subingresso per trasferimento in gestione dell’azienda: nel caso dell’affidamento, l’azienda e l’autorizzazione correlata continuano a rimanere in capo al titolare mentre nel caso di subingresso il subentrante deve effettuare la SCIA ai fini dell’intestazione pro tempore del titolo legittimante l’esercizio dell’attività.  Di conseguenza, anche a seguito di affidamento di uno o più reparti, al titolare dell’esercizio commerciale resta comunque intestata l’autorizzazione riferita all’intera superficie di vendita, in quanto una riduzione della medesima per la parte occupata dal reparto in affido ad altri risulterebbe inammissibile. In conclusione, dichiara l’ammissibilità del sub-affido del reparto tramite cessione ad altro soggetto, condizionato però all’ammissione di tale ipotesi da parte del titolare dell’esercizio organizzato in più reparti e al riferimento in apposita clausola del contratto. 

Da ultimo, la Risoluzione n. 133831 del 6 aprile 2017 ad opera del Ministero dello sviluppo economico fornisce ulteriori delucidazioni in merito all’istituto. Il quesito posto in questo contesto parte dal presupposto che la SCIA, inviata dalle imprese al SUAP per comunicare l’affido o sub-affido di reparto, comprende anche una scrittura privata comprovante tale affidamento, che però non sempre viene registrata all’Agenzia delle Entrate e che spesso l’affidamento di reparto non viene comunicato al Registro Imprese. La richiesta, pertanto, riguarda l’obbligatorietà della registrazione della scrittura privata all’Agenzia delle Entrate, e la possibilità che il SUAP comunale debba farsi carico di trasmettere la SCIA di affidamento reparto completa dei suoi allegati al Registro Imprese. 

Al riguardo, la Direzione Generale del Ministero, dopo aver ribadito il principio di autonomia contrattuale e l’inapplicabilità dell’articolo 2556 cc concernente gli obblighi formali, entra nel merito della questione, pronunciandosi a favore per l’esclusione della fattispecie dagli atti soggetti a registrazione previsti dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Tale prospettiva si fonda sull’atipicità del contratto in questione e sulla non assimilabilità al trasferimento o all’affitto di ramo d’azienda. Tuttavia, viene fatta salva la possibilità di smentita da parte dell’Agenzia delle Entrate medesima: “salvo diverso avviso dell’Agenzia delle entrate, alla quale la presente nota è inviata, con preghiera di far conoscere le eventuali determinazioni contrarie”. 

Con riferimento all’obbligatorietà o meno, da parte del SUAP comunale di trasmettere la SCIA di affidamento reparto al Registro Imprese, la Direzione ritiene che l’unico adempimento che codesto SUAP dovrà porre in essere nei confronti dell’Ufficio del registro delle imprese è la trasmissione del duplicato informatico della Comunicazione di cui alla circolare n.3467/1999, ai fini dell’inserimento nel fascicolo d’impresa stante quanto previsto dall’articolo 43-bis del D.P.R. n. 445 del 2000.

Un caso particolare in cui è stato utilizzato il concetto di affidamento di reparto riguarda il D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, disciplinante la vendita di farmaci non soggetti a prescrizione negli esercizi commerciali diversi dalle farmacie, comunemente denominati parafarmacie, che presenta tutti gli elementi caratteristici dell’affidamento di reparto precedentemente menzionati. All’articolo 5 si stabilisce che «Gli esercizi commerciali (…) possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione( …) e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e alla regione in cui ha sede l’esercizio» e che tale vendita «è consentita durante l’orario di apertura dell’esercizio commerciale e deve essere effettuata nell’ambito di un apposito reparto, alla presenza e con l’assistenza personale e diretta al cliente di uno o più farmacisti abilitati all’esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine».

In aggiunta, la Circolare del Ministero della Salute n.3 del 3 ottobre 2006, attuativa del citato D.L. n.223/2006, precisa che per “apposito reparto” si debba intendere: «uno spazio dedicato esclusivamente alla vendita e conservazione dei medicinali» e che «può assumere forme diverse in base al tipo di esercizio commerciale in cui ha luogo la vendita (…) purché gli spazi siano chiaramente separati in modo da escludere la commistione con altri tipi di prodotti».

La Risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico n.6456 del 15 gennaio 2014 chiarisce che il titolare dell’esercizio commerciale può affidare la gestione del reparto parafarmacia ad un soggetto terzo in forza di un accordo privato. 

Tutti questi elementi portano a ribadire la struttura essenziale del contratto di affidamento di reparto per come illustrato; evidenziando, anche in questa occasione, come la disciplina del rapporto venga rimessa integralmente all’autonomia negoziale delle parti.

Il presente contenuto è stato realizzato con la collaborazione del dott. Alberto Dallan. Aggiornato al 17.05.2020.

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