Decreto rilancio: nuovi obblighi di sanificazione degli ambienti

In questo momento, dopo il protratto periodo di lockdown, si assiste finalmente alla riapertura delle attività lavorative e a una timida ripartenza del settore economico.  Molti, però, sono i problemi a cui i datori di lavoro si trovano a far fronte: infatti, oltre alle ingenti perdite economiche e alla conseguente carenza di liquidità subite durante il lungo periodo di chiusura, si sono trovati – o si troveranno – obbligatoriamente a far fronte agli ulteriori costi necessari al fine di adottare le nuove misure che permettano di aprire in sicurezza e tutelare la salute dei propri lavoratori e dei clienti all’interno delle aziende, dei negozi, dei mezzi, dei locali, degli impianti sportivi e ricreativi, dei luoghi di culto,… e delle aree prossimali. 

L’igienizzazione e la cura degli ambienti risultano essere, tra le prescrizioni e cautele individuate, una componente fondamentale per salvaguardare la salute pubblica. In particolare, la sanificazione ambientale è un elemento volto a scongiurare il rischio di una possibile contaminazione del luogo di lavoro e il conseguente contagio dei soggetti presenti all’interno. Infatti, secondo gli studi dell’Istituto Superiore di Sanità, la trasmissione del virus Covid-19 avviene attraverso il contatto diretto tra persona e persona all’interno di ambienti chiusi, ma sussiste anche la possibilità di trasmissione attraverso un contatto indiretto con aria, oggetti e superfici contaminate. È stato ampiamente dimostrato che il Coronavirus, a determinate temperature e in presenza di ottimali condizioni di umidità, può sopravvivere anche fino a nove giorni attaccato alle superfici. Per tali ragioni, il “Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”, emanato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (INAIL), individua, tra le misure fondamentali da adottare per far fronte all’emergenza Coronavirus, la sanificazione degli ambienti. 

Il Rapporto del 15 maggio “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento”, dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) fornisce, inoltre, delle linee guida sull’efficacia dei prodotti ad azione disinfettante battericida, fungicida, virucida utilizzabili per la disinfezione e sanitizzazione dei locali. 

Questi prodotti possono essere commercializzati previa valutazione dell’ISS o di altri organi tecnico-scientifici autorevoli e autorizzazione fornita dalle autorità facenti parte dell’European Chemicals Agency (ECHA), nel caso dell’Italia il Ministero della Salute. 

In questo periodo, la tendenza, in tema di sanificazione degli ambienti, mira a utilizzare le tecnologie più avanzate per sconfiggere l’epidemia. Si è passati dall’utilizzo di detergenti chimici a base di alcol a trattamenti di sanificazione che permettano, oltre a tutelare la salute umana, di proteggere e non modificare quella dell’ambiente, attraverso l’uso di disinfettanti biologici e biocidi a base ipoclorosa.

Si privilegiano, inoltre, gli innovativi ed efficienti sistemi “no-touch”, i quali attraverso nebulizzatori e atomizzatori, consentono un risparmio economico ed energetico e una diffusione ad ampio raggio di questi prodotti nell’ambiente assicurando una sanificazione omogenea e totale. Aziende che si sono particolarmente distinte nell’innovazione e nella produzione di prodotti efficaci, atossici e “green” sono, per esempio, Pragma Blue (www.pragmablue.com), con la distribuzione di un liquido igienizzante edibile e che non comporta rischi per la salute umana e l’ideazione di nuovi sistemi di nebulizzazione e Idrobase (www.idrobasegroup.com), con i suoi generatori di elettroni per la purificazione dell’aria.    

Le recenti linee guida, infatti, risultano essere molto utili poiché tengono conto sia dell’impatto ambientale di tali prodotti, sia del rischio che il loro utilizzo può comportare per l’individuo che ne faccia uso o che ne venga a contatto. Il documento riporta anche indicazioni sul trattamento degli arredi e dell’abbigliamento, oltre a fornire una serie di definizioni tecniche a termini come disinfettante, sanificante, igienizzante per l’ambiente e detergente.

Anche il “Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS CoV-2 in relazione allo svolgimento in sicurezza degli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa e del commercio su aree pubbliche” dell’Emilia Romagna si è preoccupato di dare una serie di definizioni, tra le quali quella di “sanificazione”: essa è intesa come il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante la pulizia e/o la disinfezione e/o la disinfestazione. Vengono, perciò, ricompresi in questo elenco, oltre alle procedure igienizzanti attuabili nell’ambiente tramite prodotti virucidi, detergenti idonei, dispositivi nebulizzanti e filtri agli impianti di areazione, anche il controllo e l’ottimizzazione di elementi come la temperatura, l’umidità e la ventilazione. 

All’interno del Decreto Rilancio, emanato il 19 maggio, il Governo, allo scopo di favorire gli sforzi di riadattamento obbligatorio ai nuovi protocolli previsti per le realtà produttive, commerciali e professionali che hanno dovuto mutare drasticamente il modo di lavorare, ha deciso di ampliare una serie di benefici già inseriti nei decreti precedenti, oltre a prevedere ulteriori misure di sostegno per poter ammortizzare i nuovi costi economici dovuti alle riaperture.

Queste misure sono diverse, da caso a caso: a esempio, per i soggetti titolari di partita IVA, esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, sono stati previsti dei contributi a fondo perduto; vengono annullati il saldo del 2019 e la prima rata di giugno 2020 del pagamento IRAP per le imprese che hanno fatturato meno di 250 milioni di euro nel 2019; si prevede una diminuzione degli importi nelle bollette elettriche in riferimento al periodo che va da maggio a luglio 2020 compreso; sono state predisposte una serie di proroghe alle scadenze fiscali; attraverso il credito d’imposta del 60%, si fornisce alle imprese un rimborso delle spese d’affitto,… 

Proprio per quanto riguarda quest’ultima misura economica, l’art. 120 del D.L. 34/2020, allo scopo di favorire le  misure di contrasto alla diffusione del Covid-19 nei luoghi di lavoro, introduce un credito d’imposta pari al 60% dei costi sostenuti nel 2020, per un massimo di 80.000 euro a beneficiario: esso è previsto per esercenti attività d’impresa, arti e professioni in luoghi aperti al pubblico indicate nell’allegato 1 al Decreto Legge, come, a esempio, ristoranti, bar, teatri, alberghi, oltre a  fondazioni e altri enti privati, compresi quelli del terzo settore. Le spese coperte sono quelle relative agli interventi edilizi, all’acquisto di arredi di sicurezza, allo sviluppo o acquisto di strumenti e tecnologie per lo svolgimento dell’attività lavorativa e all’acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura.

Al fine di promuovere la sanificazione degli ambienti, il Decreto Rilancio, all’art. 125, mira a rimpiazzare il precedente incentivo introdotto dal Decreto Cura Italia, prevedendo un credito d’imposta – per percentuale di rimborso e importo massimo di spesa – più elevato: l’incentivo, dapprima disposto dal Decreto Cura Italia per il 50% dei costi affrontati e fino a un tetto massimo di 20.000 euro, viene ora elevata al 60 % dei costi sostenuti nel 2020, fino a un massimo di 60.000 euro per ciascun soggetto beneficiario.

Quindi, mentre la prima norma mirava, inizialmente, a sostenere le aziende ammortizzando le spese dovute alla sanificazione periodica e straordinaria dell’ambiente lavorativo, nell’attuale, con l’art. 125, si prevede che “Al fine di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del virus Covid-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, spetta un credito d’imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno 2020.”.

Perciò, il Decreto Rilancio, oltre ad aumentare i limiti, allarga anche il numero dei destinatari del credito di imposta già individuati dal decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, nella parte riguardante la sanificazione degli ambienti di lavoro. L’art. 64 del Cura Italia, infatti, originariamente non comprendeva tra i soggetti potenzialmente beneficiari della misura economica, gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, ma soltanto coloro che fossero “esercenti attività d’impresa, arte o professione”. Pertanto, risultava che la norma del Decreto Cura Italia (la cui stesura certamente è stata meno precisa e carente nell’inquadrare le reali necessità causate dall’emergenza Covid-19) non avesse compreso, tra i beneficiari, uno dei settori più coinvolti nella gestione di questa crisi.

L’art. 30 del Decreto Liquidità aveva poi esteso l’applicabilità del credito d’imposta, non limitandosi a far riferimento alla sanificazione dei locali, ma comprendendo anche l’adozione di dispositivi di protezione individuale, prevedendo una copertura delle “spese sostenute nell’anno 2020 per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.”

L’indeterminatezza e la vaghezza dell’espressione “dispositivi di protezione” non forniva, però, gli estremi per poter definire quali spese effettivamente fosse possibile detrarre. Con la successiva circolare n. 9 del 13 aprile 2020, l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a specificare cosa fosse ricompreso all’interno.

“La disposizione in esame amplia l’ambito oggettivo di applicazione del credito d’imposta già previsto dall’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 per le spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, includendovi anche quelle sostenute nel 2020 per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (quali, ad esempio, mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari), ovvero per l’acquisto e l’installazione di altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi). Sono, inoltre, compresi i detergenti mani e i disinfettanti”.

L’art. 125 fondamentalmente abroga gli articoli 64, D.L. n. 18/2020 e 30, D.L. n. 23/2020 e riassume, in un’unica norma, le modifiche apportate dal Decreto Liquidità e dall’Agenzia delle Entrate all’originaria normativa, allargandola, al comma 2, anche ai termometri, ai termoscanner, ai tappeti e alle vaschette decontaminanti ed igienizzanti, oltre ai costi di installazione di tutti i dispositivi.

In conclusione, sono ammissibili al credito d’imposta i costi finalizzati a:

– la sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività;

– l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea;

– l’acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti;

– l’acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui alla lettera b), quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione;

– l’acquisto di dispostivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione.

Il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione nella dichiarazione dei redditi, con modello F24, relativamente al periodo d’imposta nel quale sono state sostenute le spese, senza il tetto massimo di 250.000 euro, previsto all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e del limite annuale di 700.000 euro, previsto all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Esso non incide sulla formazione del reddito con riguardo alle imposte sui redditi e del valore della produzione dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Si fa poi riferimento all’emanazione di un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto Rilancio, per la determinazione dei criteri e delle modalità di utilizzo del credito.

Ag. 01.06.2020 – Contributo realizzato con la collaborazione del dott. Davide Carinato.

Il presente articolo ha solo valore indicativo, per ogni questione è necessaria una verifica specifica in merito.

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